Erano tempi duri per la Terra dei Cachi. Il Paese era nel bel mezzo di una guerra civile, diviso, frammentato, spezzettato in tanti piccoli staterelli. La gente aveva paura, tanta paura. In alcuni posti si combatteva con le armi, in altri solo con le parole. Alcuni sostenevano che feriva più il fucile, altri che feriva più la tv. Il popolo della Terra dei Cachi, represso e costretto a sopravvivere nelle maniere più degradanti, contava di fuggire. Non c'era più lavoro, per i più fortunati; non c'era più la possibilità di scendere in strada senza il rischio di beccarsi una pallottola, per i più sfortunati. I capi, i cosiddetti Caconi, erano rintanati nei loro rifugi di fortuna. Alcuni, si vociferava, erano riusciti a fuggire evitando i linciaggi. Altri ancora avevano invece acquisito più potere. La guerra, tuttavia, si spandeva senza freni in tutto il territorio, ed erano in molti a desiderare di evitarla. Ma come potevano farlo? Le alternative finora erano state di combattere a fianco del Cacone Maximo, oppure contro di lui. Chi voleva fuggire poteva farlo per terra o per mare. Ma dove andare?
La Terra dei Cachi era un posto pieno di tanta gente diversa, e purtroppo alcuni di questi si erano macchiati in passato di crimini e scelleratezze innominabili. Alcuni perché orgogliosi delle loro idee, altri orgogliosi dei loro soldi. Fatto sta che, sebbene non tutti fossero come costoro (anzi, molti erano brava gente), il mondo vedeva gli abitanti della Terra dei Cachi come creature terribili, pericolose, evitabili nel migliore dei casi, annientabili nei peggiori. Il resto del mondo stava infatti decidendo cosa fosse meglio fare della Terra dei Cachi: conquistarsela e dividersela? Liberarla, indebitandola di tale favore? Era un grosso dilemma, anche perché i Caconi erano molto ricchi e potevano comunque far comodo. Ma intanto che decidevano non potevano restarsene con le mani in mano. La situazione andava tenuta sotto controllo: gli abitanti della Terra dei Cachi andavano tenuti lì dov'erano - in quanto pericolosi, sporchi e malvagi - e non potevano permettersi di lasciarli emigrare.
E fu così che le frontiere vennero chiuse, e i barconi carichi di abitanti della Terra dei Cachi dovettero fare dietro-front dinanzi alle leggi di tutti i Paesi del mondo, che andavano sotto il nome di Decreti Sicurezza. Sicurezza dagli abitanti della Terra dei Cachi, troppo cattivi e diversi, e quindi rischiosi, per venir ammessi in altre terre.
Insomma, dicevo: tempi duri per la Terra dei Cachi.
venerdì 15 maggio 2009
martedì 12 maggio 2009
Papipappone
Silvano (ovvero Silvio-nano, ma per non far capire che parliamo di lui lo chiameremo così) era un papipappone. I papipappone sono una specie idrofoba di tacchini col grugno che amano tubare attorno alle gallinelle e portano loro in dono, derubando le gazze ladre, gioielli d'ogni tipo. In realtà, un papipappone è il risultato di un'evoluzione sfortunata: nasce vecchio, ed è pieno di malattie.
Parla a vanvera, e ogni suo discorso ha finalità riproduttive. Non sa muoversi da solo, a causa di gambe troppo corte e di un pelo folto e unto sul capo, e quindi dev'essere manovrato.
Infatti, si crede che i papipappone siano circondati da una serie di parassiti che in simbiosi lo difendono, lo puliscono, lo muovono, lo fanno giocare... e lo fanno anche ragionare: spesso infatti molti suoi sproloqui vengono smentiti nei giorni successivi. Egli vive secondo un basilare e primordiale istinto di sopravvivenza, e sta ai simbionti che vivono con lui rimediare ai suoi comportamenti privi di intelletto.
Un papipappone è molto più di un pavone: ostenta la sua "bellezza" con feroce prepotenza, intimorendo i suoi avversari: che sia per il dominio del suo territorio (che egli marca regolarmente di giorno in giorno grazie ai feromoni Fedina, Vespone, Giordanino, Belpietrisco, Ricotta, Mimone, Faccilpiacere e Filtri), o per la priorità sulla preda catturata (che spartisce con la marmotta azzannatrice utris dellutris) e i cui avanzi lascia poi ai suoi cuccioli (naturali o adottivi) da lui sapientemente battezzati: Dalemo, Fascino, Ruttello, Bussi, Calderrosto, Borgotrapezio, Gheduino, Gaspare, Boccolino, Mastellinopanevino, Bonoadareaiuti, Chicchiricchitto, Velcroni e Franziskinir. Questi e molti altri, poiché dati i successi riproduttivi del famigerato papipappone, è evidente che dal suo harem spuntano e spunteranno fuori molti papini.
Quest'analisi è breve e poco dettagliata, a causa dei pochi dati in possesso su questa creatura, riluttante a osservazioni ed esperimenti: Silvano, infatti, come alcuni della sua specie, predilige vivere fuori da occhi indiscreti, snobbando i suoi predatori, e tutte le sue prede (catturate o rubate da altri animali) preferisce sotterrarle cosicché nessuno le scovi ed egli possa consumarle poco a poco senza che nessuno se ne accorga o gliele freghi.
Questo, c'è da dirlo, spesso lascia a bocca asciutta molti dei suoi cuccioli (quelli adottivi, per lo più) che guaiscono e si arrabbiano. Ma lui che ha grandi orecchie da mercante si gira dall'altra parte - il movimento gli fa partire un peto che spettina i cuccioli e li lascia inebetiti - e continua a masticare allegramente.
Parla a vanvera, e ogni suo discorso ha finalità riproduttive. Non sa muoversi da solo, a causa di gambe troppo corte e di un pelo folto e unto sul capo, e quindi dev'essere manovrato.
Infatti, si crede che i papipappone siano circondati da una serie di parassiti che in simbiosi lo difendono, lo puliscono, lo muovono, lo fanno giocare... e lo fanno anche ragionare: spesso infatti molti suoi sproloqui vengono smentiti nei giorni successivi. Egli vive secondo un basilare e primordiale istinto di sopravvivenza, e sta ai simbionti che vivono con lui rimediare ai suoi comportamenti privi di intelletto.
Un papipappone è molto più di un pavone: ostenta la sua "bellezza" con feroce prepotenza, intimorendo i suoi avversari: che sia per il dominio del suo territorio (che egli marca regolarmente di giorno in giorno grazie ai feromoni Fedina, Vespone, Giordanino, Belpietrisco, Ricotta, Mimone, Faccilpiacere e Filtri), o per la priorità sulla preda catturata (che spartisce con la marmotta azzannatrice utris dellutris) e i cui avanzi lascia poi ai suoi cuccioli (naturali o adottivi) da lui sapientemente battezzati: Dalemo, Fascino, Ruttello, Bussi, Calderrosto, Borgotrapezio, Gheduino, Gaspare, Boccolino, Mastellinopanevino, Bonoadareaiuti, Chicchiricchitto, Velcroni e Franziskinir. Questi e molti altri, poiché dati i successi riproduttivi del famigerato papipappone, è evidente che dal suo harem spuntano e spunteranno fuori molti papini.
Quest'analisi è breve e poco dettagliata, a causa dei pochi dati in possesso su questa creatura, riluttante a osservazioni ed esperimenti: Silvano, infatti, come alcuni della sua specie, predilige vivere fuori da occhi indiscreti, snobbando i suoi predatori, e tutte le sue prede (catturate o rubate da altri animali) preferisce sotterrarle cosicché nessuno le scovi ed egli possa consumarle poco a poco senza che nessuno se ne accorga o gliele freghi.
Questo, c'è da dirlo, spesso lascia a bocca asciutta molti dei suoi cuccioli (quelli adottivi, per lo più) che guaiscono e si arrabbiano. Ma lui che ha grandi orecchie da mercante si gira dall'altra parte - il movimento gli fa partire un peto che spettina i cuccioli e li lascia inebetiti - e continua a masticare allegramente.
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